Essere Missionari: Guardando a Gesù al Centro 2014

Nove giorni di missione vissuti tra la gente di Ostiense, con la visita nelle scuole, negli ospedali, con i canti in strada, le adorazioni eucaristiche, i concerti e le attività culturali; nove giorni di annuncio instancabile e già in Diocesi cominciano i preparativi per l’edizione del prossimo anno che avrà come fulcro il quartiere romano per antonomasia: Trastevere… fino a Ponte Sisto e Piazza Trilussa. Per le foto clicca qui.
Nove, dicevamo, come le parole che definiscono “Gesù al Centro”. Entusiasmo, quello che sanno comunicare i volti di coloro che amano Gesù e che in questa iniziativa mettono anima e cuore. Gioia, quella vera, come solo un giovane che ha incontrato Cristo, può avere negli occhi e trasmettere coi gesti. Donazione, quella di ogni missionario che ha lasciato i propri impegni per donarsi con generosità ad altri giovani e mettere in pratica il Vangelo. E ancora il Coraggio della fede che osa e chiede e predica anche in mezzo ai lupi; l’Umiltà, di farsi piccoli e di non soffrire il rifiuto; la Fiducia, nel credere che anche se in pochi ti hanno dato ascolto tu sei parte di quella misericordiosa economia della salvezza che Dio ha preparato per i suoi figli lontani. Poi l’Unità, quella di tanti giovani provenienti da realtà e spiritualità diverse, che si riscoprono fratelli in Cristo e portano in alto, tutti insieme, il nome di Gesù, facendo della diversità dei carismi, una ricchezza. E appunto Ricchezza, quella che nasce dall’avere donato tutto di sé al Signore nella certezza di avere ricevuto molto di più da Lui. Infine il Segno, lasciato da quelle magliette rosse, come il fuoco dello Spirito Santo che ha voluto incendiare d’amore viale Ostiense.  Tra quei ragazzi c’eravamo anche noi. Noi siamo stati quelle mani sulle spalle di giovani inginocchiati davanti al Santissimo, quelle bocche in giro per il quartiere a parlare di amore e di speranza; nostri i piedi per andare in giro a predicare e a portare conforto, e il cuore che si commuove al racconto di un ragazzo fino a quel momento sconosciuto. Ma in ogni nostro gesto, in quelle mani, nel cuore, nei piedi, come ogni volta, c’era Gesù che ci guida e ci dà forza. Ecco perché oggi mentre facciamo memoria di quei giorni non ci interessano i numeri, ci basta il ricordo degli occhi lucidi di chi abbiamo accompagnato ai piedi dell’altare, ci bastano i sorrisi, i semi gettati, ci basta l’aver visto tanti ragazzi che hanno deciso dopo anni di lontananza e compromessi di riaccostarsi al sacramento della Confessione. Insieme abbiamo sperimentato la forza che si nasconde nell’unità, quella di un corpo che si lascia guidare dallo mano invisibile dello Spirito Santo. Abbiamo saputo gareggiare nello stimarci a vicenda riscoprendo la bellezza di cui ciascuno di noi è espressione nel comune desiderio di essere testimonianza per coloro che non sanno che esiste una Chiesa giovane e bella, fatta di ragazzi e ragazze che sono una luminosa speranza per questo mondo. Con “Gesù al Centro” ogni volta, non si chiude un capitolo, ma si apre e cresce ancora di più in questo che è l’Anno della Fede, un desiderio enorme di far sapere a tutti che esiste un Dio che può strapparti dalla morte, qualunque “nome” e connotazione essa abbia. E’ il Dio che vince, che salva, che ti ama così come sei. All’Angelus di domenica 13 ottobre è arrivato anche il saluto e il ringraziamento di Papa Francesco a tutti i partecipanti alla missione e a quanti, come i nostri giovani missionari non si stancano di ripercorrere le orme degli apostoli, nel solco tracciato da Gesù.

Questo uno dei passaggi chiave della Santa Messa presieduta dal Pontefice in occasione della Giornata Mariana proprio domenica 13 ottobre:

E questo è il cammino definitivo: sempre col Signore, anche nelle nostre debolezze, anche nei nostri peccati. Mai andare sulla strada del provvisorio. Questo, sì, uccide. La fede è fedeltà definitiva come quella di Maria.

Dio ci sorprende, Dio ci chiede fedeltà e Dio – ha detto il Papa – è la nostra forza. Francesco, dopo aver ricordato la pagina del Vangelo, in cui dieci lebbrosi chiedono a Gesù di ottenere la guarigione, sottolinea che dopo la liberazione dalla malattia, “solo uno torna indietro per lodare Dio” e ringraziarlo. Maria, dopo l’Annunciazione, ha parole di lode e di ringraziamento a Dio. “Tutto è suo dono”. “Lui – ricorda Papa Francesco – è la nostra forza”. E poi pone altri nodali interrogativi:

“Quante volte ci diciamo grazie in famiglia? E’ una delle parole chiave della convivenza. ‘Permesso’, ‘scusa’, ‘grazie’: se in una famiglia si dicono queste tre parole, la famiglia va avanti. ‘Permesso’, ‘scusami’, ‘grazie’. Quante volte diciamo ‘grazie’ in famiglia? Quante volte diciamo grazie a chi ci aiuta, ci è vicino, ci accompagna nella vita? Spesso diamo tutto per scontato! E questo avviene anche con Dio. E’ facile andare dal Signore a chiedere qualcosa, ma andare a ringraziarlo: Mah, non mi viene”.

Dunque è “doveroso” il nostro Grazie a Gesù per le meraviglie che ha compiuto in questa missione e a tutti coloro, in prima linea la Diocesi di Roma che ha provveduto alla realizzazione.